Quella dei licenziamenti nel settore bancario è un’odissea che raggiunge l’apice dopo il 2010, quando si capisce che, proprio le banche che avevano causato la crisi, sono costrette a tagliare sui posti. MA non sui bonus dei grandi manager. Si apre quindi il contenzioso che porta a rivedere e razionalizzare le risorse umane anche in Italia con una serie di problemi legati alla normativa sul mondo del lavoro. E per Unicredit la situazione è anche più grave. Proprio perchè nata da una miriade di piccolre realtà autonome, già dal momento della fusione (ma sarebbe meglio dire durante le varie fusioni, visto che il processo è stato lungo e laborioso) si è dovuto più volte ricorrere a tagli proprio perchè moltissime figure lavorative erano “duplicate”. Un atteggiamento che ha visto colpire quello che, solitamente, era il sogno di ogni italiano, quel famoso posto in banca giudicato da molti la sistemazione a vita che garantiva orari relativamente comodi in strutture solide. Almeno fino all’arrivo della più grande crisi della storia. Crisi che si continuerà a pagare anche in futuro con gli istituti di credito (da Mps a Unicredit) che registrano i primi scioperi del personale nella loro storia. Scioperi dettati da tagli particolarmente drastici che spesso devono conciliare le esigenze della società con quelle dei lavoratori rispettando le norme sui licenziamenti e la cassa integrazione, un meccanismo cui sempre più spesso, negli ultimi anni, si sta facendo ricorso. E per molti si sta sfociando addirittura in abuso visto che aumentano gli allarmi sull’esaurimento dei fondi stanziati per gli ammortizzatori sociali.
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